Con un tocco

E viene a lui un lebbroso: supplicandolo e inginocchiandosi e dicendogli: “Se vuoi, puoi mondarmi!”. Ed (egli) mosso a compassione, stesa la mano, lo toccò e gli dice: “(Lo) voglio, sii mondato”. E subito andò via da lui la lebbra, e fu mondato . Ed (egli), ammonendolo severamente, subito lo scacciò e gli dice:
“Bada, non dire niente a nessuno, ma va’, mostrati al sacerdote, e presenta per la tua purificazione ciò che prescritto Mosè, a testimonianza per loro”.
Ma quegli, uscito, cominciò a proclamare tutto e a divulgare la parola,
così che non poteva più entrare manifestatamente in città, ma era fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte. Mc 1, 40-45

Chissà se quel lebbroso è stato guarito veramente. In questo stralcio di vita messo a parole, il vero miracolo sta in un tocco.
Mai nessuno, senza il suo stesso stigma, lo aveva toccato prima di quel momento. Mai. Non serve molto per fare sentire un uomo davvero umano. Non ci sono chilometri da percorrere, solo la distanza di un braccio e il miracolo si compie.
Si macinano moltissimi chilometri, da viaggiatore, da nomade, da pellegrino soltanto per essere toccati. Chiamala autoconoscenza, intuizione, saggezza oppure grazia, ma alla fine è “il tocco” che ci serve per sentirci vivi.
C’è un viscerale bisogno di essere toccati, e quell’Artigiano di Nazareth ci dice che non siamo poi così distanti dalla mano amica. Ciò che serve è a “portata di mano”. Se s’imparasse ad allungare il braccio verso un altro corpo dipinto delle sue differenze, accadrebbero miracoli. Il tocco che cerchiamo è quello di chi ci respira vicino. Quante persone avrà avuto vicino quell’uomo affetto da lebbra? Migliaia e nessuno. Migliaia lo hanno bypassato, ma nessuno gli è stato vicino. Nessuno l’ha toccato.
Perché rendiamo tutto così difficile? Perché nascondiamo quella terra che ci è stata promessa in dono? Possiamo solo nasconderla perché la nostalgia di un singolo sognatore può farla riaffiorare come Atlantide dai mari della disumanizzazione. La nostalgia della bellezza che ci abita e non ci lascia quieti e spero non lo  faccia mai. Perché costringiamo un uomo a supplicare e inginocchiarsi privandolo della sua dignità?
Questa è la lebbra che lo sfigura: la rimozione della sua dignità è lebbra.
La lebbra è sinonimo di stigma. Aids, tossicodipendenza, fallimenti in amore o nel lavoro, orientamento sessuale, appartenenza, credo ecc. Con il tocco lo stigma sparisce come la lebbra di quell’uomo: “lo toccò… e subito andò via da lui la lebbra…”. Con un tocco si guarisce dentro e il veleno dello stigma perde la sua forza omicida. Non serve molto, basta un tocco.
Con un tocco, oggi è Eden.