Riprendiamoci il cuore

Credo che in questi momenti di festa macabra non ci sia davvero nulla di umano. È stato preso il grande tiranno che ha schiacciato un popolo per quarantadue anni, opprimendolo, violentandolo, umiliandolo. Il rais è stato preso come un topo in un buco, ma l’opera disumanizzante sia alimenta e continua. Ribelli, giornalisti, politici…tutti. Stiamo continuando a riproporre l’orrore. Il mostro era braccato, senza giustificarlo di un solo atto di prepotenza commesso, dico: che bisogno c’era. I ribelli forse avevano una rabbia cruda, quella che puzza d’interiora di bestia appena macellata accatastata al sole tra le mosche. Famigliari uccisi, stuprati, torturati e adesso, vedono nel rosso denso del sangue di un dittatore, il giusto prezzo di una vendetta che puzza più di un carogna. Violenza che porta violenza, la moneta con cui  un megalomane assetato di potere, ha dovuto ripagare il debito con un popolo prima sottomesso e poi inferocito con schiuma di rabbia a bocca assetata. Colpi su colpi, su corpi sfigurati da non sembrar vero. Non deve essere vero! La violenza non si uccide, non si combatte uccidendo, non la si elimina ammazzando. Sarebbe come pretendere di voler spegnere un fuoco versandoci sopra una tanica di diesel. In questo mondo la si alimenta, la si moltiplica. È necessario depotenziarla, isolarla, circoscriverla imparando toni di civiltà. Hanno messo ripetutamente sotto gli occhi di tutti, una testa rotta che grondava gli ultimi minuti di sangue vivo. Una vita linciata sotto l’impeto di una crudeltà collettiva che fa scomparire completamente l’uomo, e se non lo fa, comunque lo nasconde bene. Non c’è niente di umano in quello che è accaduto. Non c’è stata umanità nella vita politica di Gheddafi, e nemmeno nel suo corpo tumefatto dai calci di chi colpisce godendo del male, e non c’è nemmeno in chi propone ripetutamente scene di morte in diretta, tutelando falsamente i più sensibili da conati di vomito e notti disturbate da salme lasciate per strada. Non c’è umanità in chi è costretto a vedere più volte la stessa immagine diffuse dai media e non c’è stata umanità in me mentre guardavo l’uomo che mi veniva trucidato davanti. Me ne sono accorto. Ho visto un uomo che ha ucciso, ma che in quel momento moriva. Ho visto il suo sangue denso nei pochi pixel di immagini mosse,  spiccare come fosse su neve, e ho sentito disagio profondo. Nausea da labirintite, di un odore di sangue lontano, ma sentito caldo pizzicare nel naso come stesse scendendo da me. Ho visto le immagini mentre ero solo. Senza difese del gruppo, la morte è più fredda. In gruppo si giustificano mattanze o linciaggi. Soli, davanti alla violenza disumana, si prova ripugnanza e paura. Il corpo stesso rigetta ciò che allontana da un sogno di bellezza che ci fa umani, irrigidendo i nervi sino a farli contrarre e togliendo aria ai polmoni, come fossero spremuti da una mano, nel modo in cui si strizza un panno da pavimenti. Non c’è aria da respirare, o meglio c’è ma non la si raggiunge. Davanti alla paura, a occhi spaventati come bestia al macello, mi sono sentito un estraneo, teso, alieno, ma non scagionanto dall’esecuzione del tiranno. Come essere umano c’entro anch’io, sono coinvolto. Mi sono sentito alieno a me stesso. Alieno alla realizzazione di un’umanità alla quale sono chiamato, siamo chiamati. Alieni tutti! Una diserzione al genere umano. È tutto sbagliato! Non è questa la direzione, stiamo sbagliando tutti, io, tu, i giornalisti, i ribelli e chi è stato scelto per guidare e assicurare un bene comune. Non è possibile vedere un capo di governo che una manciata di mesi prima accoglie con reverenza un despota, impiegando anche l’esercito per solennizzarne l’incontro, e poi esprimere soddisfazione davanti al suo corpo oltraggiato da calci, sputi e telecamere. Non ci siamo, è tutto da rifare. Se si potesse riavvolgere il nastro, vi prego facciamolo. Dobbiamo ricominciare a ballare partendo da un ritmo umano.  Questa non è musica, non è vita. Facciamolo per noi, ce lo dobbiamo …riprendiamoci il cuore.