La questione del crocifisso e del Natale sembra essere la solita guerra dei confusi. Chi attacca ha idee confuse, e chi lo difende pure. Dobbiamo avere sempre una verità da difendere. Qualcuno ci ha insegnato che non si possiede la verità bensì, si è verità, ma non essendo, ce ne dobbiamo creare una da possedere e da difendere. Abbiamo due fazioni, come i guelfi e ghibellini, ma gli opposti si attraggono, stanno sempre insieme come calamite. In una discussione, la presidentessa degli atei Italiani, si accaniva contro il crocefisso nei luoghi pubblici, e specialmente nelle scuole. Posizione chiara: “il crocefisso va tolto, punto!”. Le idee di chi prende posizioni chiare sono spesso confuse. Nel dibattito c’era anche un noto critico, che non stimo particolarmente, ma in quell’occasione diede un contributo interessante. Pose una domanda alla signora: “lei sa chi è Vittorino da Feltre?” Una domanda che a molti è sembrata fuori luogo o un’ostentazione di cultura tipica del personaggio che interpreta. La signora senza Dio si trovò spiazzata, anche perché ignorava chi fosse l’uomo misterioso. Dopo la sua tacita ammissione, come da copione, si prese anche della “capra ignorante”. Vittorino da Feltre, era un educatore umanista con spirito cristiano. La messa e la preghiera erano aspetti fondanti del suo approccio pedagogico. A lui sono state intitolate scuole in Italia e quelli che s’indignano per la religiosità delle istituzioni pubbliche, dimenticano che i loro nomi sono implicati inesorabilmente con la religione stessa. Portano il seme delle cristianità nel nome scelto per onorare figure, che sono più di un simbolo attaccato a un muro. Sono nomi che testimoniano un credo. Vittorino da Feltre, e altri personaggi ai quali sono state dedicate scuole, sono segni della religiosità che vogliono rimuovere. Perché fermarsi al simbolo e non andare oltre, rimuovendo un nome portatore di un’impronta cristiana? Si toglie la croce, ma si commemora ogni giorno chi ne ha fatto uno stile educativo. A cosa si ribellano gli oppositori? L’ateo non crede e non si dovrebbe porre il problema di Dio. Se è vero che non esiste, non dovrebbe perdere tempo inutilmente per concentrarsi su problemi reali. Chi è contro, non lo è per ateismo, ma per altri motivi. Chi lo fa per appartenenza ad altri culti e religioni, in realtà molto pochi, dovrebbe spiegare il motivo dell’accanimento sul simbolo e non sul nome dell’istituto, o sulla rimozione di statue e dipinti religiosi sparsi nelle strade e piazze delle città italiane. In Italia si è cresciuti giocando a pallone sotto la statua di qualche santo, e mi auguro si possa ancora farlo. Per non parlare di chi invece lo fa in nome della laicità dello stato. Non sono piuttosto i privilegi al clero e chiese varie a dover essere rimossi piuttosto di un crocefisso? Ci s’indigna per una croce nella scuola pubblica e non lo si fa quando le tagliano i finanziamenti per darli a scuole private, molte delle quali gestite da religiosi. Allora, di che laicità stiamo parlando? Passiamo al Natale. Si vogliono cancellare tracce di bellezza lasciateci in dono, per il solo scopo di vincere. Il Natale non va festeggiato pubblicamente! Ma davvero chi vuole abolirlo non lo festeggia? Non un regalo, non un pranzo o una cena diversi dal solito, non una fetta di panettone o di pandoro? Chi è contro cambia canale quando vede un film di Natale, cambia stazione radio quando passano una canzone a tema, boicotta i mercatini, si rifiuta di fare le ferie imposte dalla festività? E davvero chi è a favore, che si accanisce nel difendere sia il crocefisso che il Natale, accettano questi simboli e tradizioni per trasformare la propria vita? Davvero chi lo difende si accorgerebbe della rimozione silenziosa di un crocefisso in un luogo pubblico? Quanti se ne accorgerebbero se sparisse in sordina dal muro di una classe o un ufficio? Davvero chi lo difende, lo difende davvero? È qui l’assurdità, il paradosso; difendere Dio. Se esiste un modo di farlo, credo sia solo attraverso la difesa dei diritti dell’essere umano. Il resto è difesa di se stessi e della propria verità. Chi difende statuette di gesso e disprezza persone vere, acquisisce di diritto il titolo di fariseo, considerati dall’uomo rappresentato dalla statuetta più piccola della natività, un ipocrita, ovvero un simulatore di atteggiamenti e sentimenti esemplari che purtroppo non sa coltivare. Difendere, è un verbo non applicabile alla divinità, al trascendente. I quattro vangeli riportano un tentativo di difesa, finito con un orecchio tagliato e risanato all’istante e un ammonimento: metti giù la spada! La vicenda del Natale non è una storia di difesa, ma di esposizione, di guardia abbassata, di un Dio scoperto e vulnerabile. È il Dio all’aperto, che sta sotto le stelle e non dietro muri di fortino. È una storia di bellezza indifesa, straordinariamente immischiata al pericolo, dal rischio di una nascita lontana, ad una morte pubblica e violenta. Non c’è traccia di difesa, non c’è posto per gli avvocati di Dio nella narrazione della buona e nuova notizia. Il Natale racconta l’inizio di questa antica storia, in cui l’umano si affaccia per ritrovare se stesso, per riscoprire la sua caratteristica più divina: la sua umanità. Che sia Natale di braccia abbassate e testa alta, non per orgoglio, non tanto per guardare il cielo, ma per vedere e riconoscere ancora l’uomo e la sua bellezza, che è goccia di un Dio indifeso e indifendibile.
Buon Natale