Niente assolutismi

18. Un giorno, mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui, pose loro questa domanda: “Chi sono io secondo la gente?”. 19. Essi risposero: “Per alcuni Giovanni il Battista, per altri Elia, per altri uno degli antichi profeti che è risorto”. 20. Allora domandò: “Ma voi chi dite che io sia?”. Pietro, prendendo la parola, rispose: “Il Cristo di Dio”. 21. Egli allora ordinò loro severamente di non riferirlo a nessuno. 22. “Il Figlio dell’uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno”.
(Lc 9, 18-22)

 

Un particolare non trascurabile; il Ragazzo di Nazareth chiede ai discepoli cosa la gente pensa, e cosa pensano loro di lui. Ascolta le risposte, ma non da un feedback, né positivo né negativo, al contrario di quello che succede nel brano della comunità di Matteo.
Non dice: “Beato te Simone… (Mt 16, 17.)”. Non dice: “ecco, avete detto giusto o sbagliato”, bensì: “non ditelo a nessuno”. Perché? Questa è la domanda che chiederebbe anche un bambino. Gli adulti no, non lo sanno più fare. Non sono più capaci di scandire le brevi lettere della parola più esistenziale e fondamentale che rappresenta la radice della filosofia: perché? L’adulto non lo chiede più, o si ribella per partito preso, oppure obbedisce ciecamente.
Quanti “perché”, si sentono dire dai bambini!
Se non ritornerete come i bambini….(Mt 18,2.)”.
Se non ritorneremo a chiederci il perché delle cose, e obbediremo o ci ribelleremo senza aver capito, continueremo a dribblare un’urgenza di senso e a posticipare la nostra umanizzazione. Perché il sognatore di Nazareth dice ai suoi amici di non dirlo a nessuno?
Forse perché l’idea che uno si è fatto di lui è comunque personale, incompleta, parziale, magari non del tutto sbagliata. Potrebbe però risultare incomprensibile e addirittura fuorviante per qualcun altro. “Non dire chi sono io, oppure chi è Dio con la bocca. Mostralo con le azioni. Quelle non depistano”. Il bene fatto è un linguaggio universale. L’altruismo, la solidarietà, la condivisione non si dicono, si fanno, non si odono, si vedono. Fai vedere qual è la tua esperienza di Dio incompleta. Quest’ultima è più precisa delle parole. Tu dici che io sono questo o quello, ma non urlarlo sopra la parola di un altro.
Niente assolutismi perché “nessuno conosce il Padre…”, (Mt 11,27.).
Sarebbe un bel comandamento, e se non fosse per la condensazione fatta dal Nazareno che sintetizza da dieci a un comandamento, sarebbe d’aggiungere. Undicesimo comandamento: “non assolutizzare”. L’artigiano di Nazareth sembra dire: “Non assolutizzare, perché ti mancano dei tasselli per farti un’idea più vicina a quello che io ti voglio raccontare di Dio”.  Infatti, dice subito dopo: “Devo andare a Gerusalemme e li sono guai! Tu non sai fin dove arriva Dio, non conosci il confine tra Dio e l’uomo, ecco perché non devi dire a nessuno chi è Dio, perché non lo sai. Non gridarlo a nessuno ma mostralo con il beneficio del dubbio di chi può anche non aver capito niente”. Vivere con la speranza di scoprire domani il lato che più gli somiglia, e quando domani viene, avere la benedizione di sperare la stessa cosa, e così accada anche dopodomani. Il “più vicino” nella comprensione, è sempre quello che conoscerò domani, gustandomi ciò che oggi ho capito. Dio è l’incontro nel presente con la promessa di ritrovarsi più vicini domani. Una stupenda e fragile novità, che fa la vita ogni giorno sempre nuova.