Dal silezio di Dio al grido della gente

 Sembra proprio che la stagione delle piogge sia alle porte.Il vento caldo da voce agli alberi, e le nuvole giocano con il sole, coinvolgendo la terra e chi la abita. Attorno a me ho colori di savana. Scrivo seduto sotto un’acacia dalle foglie fini, tra un filo d’erba verde e cinque di color paglia. Fra poco qui sara’ tutto verde,e il colore rossastro della terra fatichera’ a vedersi. Saranno mesi di benedizione per la gente che abita lontano dalle citta’, per la gente che aspetta qualcosa dal duro lavoro della terra. Anche qui a Bauleni c’e’ chi aspetta la pioggia, ma forse la gente della township non ha lo stesso ardore nell’attenderla. Bauleni e’ un groviglio di case, dove la gente vive ammassata, senza servizi. Pochi hanno la possibilita’ di godere di elettricita’ e praticamente nessuno di acqua corrente. Si dice che i suoi abitanti siano circa 27 mila, ma non e’ un dato certo. Ho visitato le sue strade, i suoi viottoli larghi poco piu’ di un metro, tra una casa di mattoni ingrigiti dal fumo e il colore sgargiante di qualche tugurio adibito a negozio. I suoi budelli sono scoscedi, fatti di terra pressata e macerie. Nella stagione delle pioggie li immagino gia’ come torrenti di acqua rossa e spessa , pattume e pietre. Il canto degli uccelli che sento da qui, non e’ diverso da quello che sentivo a casa. Anche qui sento la stessa gioia di vivere, di volare, ma tra un cinguettio e un altro, da lontano si sente la voce della township. Bauleni e’ viva, la si sente da qui. Si sentono le urla , le risate, la musica, i fischi e altri rumori che non riesco a distinguere. E’ il chiasso della vita. E’ la vita che grida perche’ vuol farsi sentire; ‘’ ei sono qui, non mi riconosci? Incontrami,!” Torno adesso dalla piccola cappella del noviziato, dopo un’ ora di adorazione, di contatto con il Dio che abita tutti gli uomini. Torno adesso da un’ ora di liberazione personale per sentire ancora urgente il grido della liberta’ che ancora mi chiama da lontano. Il grido della township di Bauleni che mi riporta istintivamente al mio personale cammino di liberazione, cosi’ da farne diventare uno solo, il mio e quello della gente. Alcol, droghe, prostituzione, aids, pedofilia, violenza, oppressione, miseria… Ecco il grido! Dov’e’ Dio? E’ laggiu’, tra la vita che chiede riscatto, oppure e’ nella nostra cappellina ben dipinta, nel silenzio delle nostre debolezze? Io mi trovo ora in una terra di mezzo, sotto un albero provocato dal vento, tra la gente e la chiesa. Sono strappato, strattonato dal richiamo dell’essenziale da una parte, e dalla necessita’ di condivisione dall’altra. Un giorno queste due richieste impellenti si uniranno, si bacieranno e si daranno la mano, ma ora e’ tempo d’attesa gestante. E’ il tempo del silenzio e del distacco. Sono a Lusaka, la capitale dello Zambia, e sono qui  per continuare il mio cammino di formazione. Lo avevo scritto prima di partire: deserto e distacco da cio’ non e’ essenziale. Questo e’ il motivo della mia permanenza qui in Africa. A dire la verita’ non mi aspettavo una radicalita’ cosi’ marcata. Niente internet, niente telefonino, nemmeno il telefono fisso. Posso comunicare solamente con delle lettere, e mi chiedo sinceramente che cosa sia a farmi accettare tutto queste restrizioni? Questa e’ la domanda che mi sono fatto, dopo un primo momento di ribellione interna,  quando ho saputo lo stile di vita che mi aspettava. Eppure a casa non mi mancava niente, perche’ accettare queste restrizioni medioevali? Se riuscissi subito a trovare una risposta onesta a quasta domanda avrei gia’ finito il mio cammino e potrei partire per qualsiasi paese e situazione, ma questo e’ un momento di verifica per capire se veramente il mio posto nel mondo e’ nella famiglia dei missionari comboniani, come fratello. Posso abbozzare pero’ una risposta. Non sono sprovvisto di parole e pensieri, e i sentimenti chiedono di essere descritti, disegnati e colorati. So che non sono venuto qui per niente, che c’e’ una risposta tremante ma pur sempre aperta e urgente, e la convinzione che mi aspetta ancora vita piena da giocare e spendere, tra doni e limiti. Per il momento posso condividere solo questo, e’ troppo poco il tempo passato dalla partenza, ma spero di potermi raccontare ancora nei prossimi mesi. Vi mando un abbraccio e una preghiera dalla terra africana.