Mwila ha gli occhi grandi, belli, scuri e brillanti, dove il bianco si taglia di netto con il nero profondo dell’iride. È piccola piccola ed ha un’aria malinconica. È diversa da tutti gli altri bambini che vivono nella casa delle suore di Madre Teresa a Lusaka. Sì, è vero, tutti i bambini sono diversi, ma Mwila ha una caratteristica poco comune; non sorride mai. Mwila è la bambina che non sa sorridere. La piccola ha perso entrambi i genitori, è positiva, ha la tubercolosi ed è denutrita perché la nonna, che avrebbe dovuto prendersi cura di lei, è alcolizzata e si beveva tutti i soldi. Insomma, ha i suoi buoni motivi per non sorridere! L’ho tenuta in braccio per più di un’ora quel sabato e non mi ha regalato nemmeno un accenno di sorriso. Tutti i trucchetti che hanno avuto successo con altri bambini, con lei hanno finito per togliere anche il mio sorriso. La guardavo, mentre la tenevo in braccio. I suoi occhi mi fissavano dritti nel punto in cui fa male. Il caldo aumentava per l’arrivo della pioggia e per il disagio che si prova davanti ad una domanda precisa a cui non si sa rispondere. Sentivo la sua schiena sudata appiccicarsi ai miei pantaloni bagnaticci. La sua bocca sembrava sigillata, non una parola, non un sorriso, non un cenno di approvazione, ma due occhi scuri che trafiggono lapidari e pronunciano sentenze che solo l’anima capisce. Ciò che si comunica senza la parola, non può essere descritto a parole, è semplice, elementare, ma ci si prova comunque, senza grandi risultati. Tenevo in braccio il mio imbarazzo e la fronte sentiva il fresco del vento che soffiava sulle gocce di sudore che scendevano verso gli occhi. Nel mondo di Mwila non si entra attraverso canali convenzionali, si entra con modalità, spazi e tempi che deve ancora farmi scoprire. È lei che guida la danza, è lei la padrona del suo giardino tutt’altro che sfiorito. È il suo eden e per entrarci bisogna meritarlo. Il suo mondo non è chiuso, chiuse sono le mie vie, i miei sentieri per arrivare a lei. A volte è spiazzante, una bambina di 3 anni circa ha libero accesso nel “mio luogo”, dove pochi possono permettersi di entrare, e ci entra con naturalezza, come fosse la cosa più semplice, proprio come fanno i bambini che entrano ed escono dalle case di cortile nei giorni d’estate facendo gonfiare la tenda come la vela di una nave che solo la loro fantasia può vedere. È il loro mare e ci nuotano con confidenza, anche in punti in cui altri rischierebbero di annegare. “Se non diventerete come bambini……..” È questa semplicità, essenziale che accompagna nei luoghi più nascosti della vita vera. È l’atteggiamento di Mwila, che seduta sulle gambe del Ragazzo di Nazareth fa esclamare quella frase che sembra un’offesa alla ragione di chi è diventato grande a fatica, guadagnandosi quel rispetto ingessato, quell’adulta rigidità indossata come un vanto. No, quella non è saggezza. La saggezza vera è mantenere viva quella spontaneità e creatività di chi sa costruire aquiloni dai rifiuti, con la fiducia di vederli volare. Saggezza è far volare aquiloni. Solo i bambini, i saggi e i profeti sanno far volare cose. Le portano in alto perché tutti le possano vedere per poi riportarle atterra perché possano essere toccate e vissute, perché ci si possa accorgere che sono cose vere, proprio come aquiloni. Ho un aquilone appeso nella mia stanza, l’ho trovato mentre camminavo in una periferia di Lusaka. Quel giorno il vento ha voluto portarmi il regalo di un bambino che non conosco e che probabilmente non conoscerò mai. Conosco però la sua fantasia, la sua semplicità e la sua speranza. La speranza di poter far volare in cielo cose che altri danno per finite. Presto Mwila sorriderà. Presto avrà l’età per costruire il suo aquilone e anche lei, come tanti bambini, correrà con un sogno in cielo appeso a un filo, un sogno reale che lei stessa potrà guidare nonostante il vento. Un sogno che potrà portare a terra tutte le volte che vuole, oppure lanciarlo in cielo perché possa mantenere la tensione naturale di essere sogno. Presto Mwila, guardando i rifiuti di una discarica, vedrà pezzi di cielo azzurro con cui giocare. Sì, perché solo i bambini i saggi e i profeti giocano con il cielo.